Le lingue precolombiane
Le brume della sabana |
Questa situazione, che abbiamo vissuto in Europa con la quasi totale scomparsa delle minoranze etniche, che comunque sono-erano evoluzioni millenarie di una base culturale comune, è ancora in divenire in Sud America, nelle megalopoli, dove gli indigeni ci sono ancora e provengono da centinaia di tribù diverse. Anche se i “puri indigeni” ormai sono molto pochi. Qui la classe benestante è formata per lo più da discendenti delle antiche famiglie europee, mentre la stragrande maggioranza della popolazione è composta dai discendenti delle prime unioni miste tra europei ed indigeni. I meticci sono ormai inseriti nel sistema di vita occidentale e quando qualcuno diventa benestante - e vuol sentirsi veramente accettato dal sistema - non è raro che cominci anche lui ad usare il termine “indio” per definire chiunque dica una scemenza o comunque qualcosa di “diverso”.
Ma gli indios esistono ancora e non solo quelli chiusi
nelle riserve delimitate dai governi o quei pochissimi che abitano le foreste
equatoriali. Esistono anche quelli che ormai da anni risiedono nelle grandi
città, che hanno trovato o cercano un lavoro “normale”, e che lentamente, come
tutti gli emigranti, stanno perdendo le loro radici, la loro lingua, la loro
medicina, la loro religione, i loro miti: tutto il patrimonio delle antiche
tradizioni famigliari.

Indios!
Molte lingue si sono estinte solo perché erano parlate da
poche persone che non riuscivano più a parlare con nessuno, non potevano
frequentare gli ultimi superstiti della stessa comunità che, benché esistesse
ancora, aveva dovuto adattarsi, per convenienza, ad usare una lingua straniera
ma più comoda per essere integrati, più rapidamente, nella nuova società di appartenenza,
per non essere discriminati come “stupidi indios”.
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Victoria regis |
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L'Uomo-Giaguaro |
In quei luoghi per millenni si incontrarono, si
svilupparono, si fusero e si frammentarono tanti popoli e tante lingue. Molte
delle antiche lingue si sono ormai estinte ma molte sono ancora oggi parlate in
piccole comunità che vivono nelle terre della foresta amazzonica, nelle
savane dell’Orinoco, sulle Ande, o lungo la costa del Pacifico, ai piedi della
Sierra Nevada di Santa Marta, tra le sabbie del deserto della Guajira.
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Le comunità Indigene |
Ogni volta che questi contatti avvenivano, per esprimersi
e comprendersi, veniva spontaneo mischiare elementi delle due lingue, così
nasceva un nuovo dialetto che veniva parlato da una nuova comunità linguistica,
più ampia anche se sempre molto ristretta.
Per questo processo, conseguenza
dell'isolamento delle tribù, per le difficoltà di spostamento e per paura
dell’estraneo, si sviluppò una grande varietà linguistica.
All’arrivo dei Conquistadores tutta questa varietà
linguistica alimentò grosse difficoltà di comunicazione perché anche se
gli spagnoli potevano contare sull’aiuto di qualche interprete indigeno che
parlava più di una lingua, bastava spostarsi di poche leghe per incontrare
altri indigeni che parlavano lingue differenti e incomprensibili per dei rozzi
marinai ignoranti, anche se tra le lingue indigene esistono, ed
esistevano, anche allora molti nessi e termini comuni.
Il paisa del Caquetá ....
Gli indios Witoto che vivono lungo il corso del Rio
Igara-Paraná e del suo affluente Rio Putumayo , ancora
oggi cercano di spiegare che “il paisa del Caquetà parla "in
modo diverso, ma uguale" rispetto al paisa del Putumayo”,
proprio come scrivevano cinque secoli fa gli osservatori al seguito di Jiménez
de Quesada che usavano come interpreti degli indios della costa, reclutati a
Santa Marta e li portavano nelle terre degli altipiani, dove oggi sorge Bogotà
- per cercare di usare, con scarsi risultati però - la loro conoscenza per
comunicare con i Muisca - Chibcha.
La maggior parte dei popoli indigeni, come dicevamo, sono ormai inseriti - con tutti gli svantaggi e qualche comodità - nel modo di vivere occidentale, ma nella zona amazzonica della Colombia ancora vivono 14 o 15 gruppi "incontaminati", gente che per cinque secoli è fuggita ed è riuscita ad evitare contatti con un mondo che - anche involontariamente - potrebbe solo distruggerli. Qui di seguito ho inserito il LINK per un breve video : "Quello che i popoli dell'Amazzonia conoscono e che noi non sappiamo", dove non si parla di lingue ma del patrimonio, formato dalle conoscenze e dal modo di vivere la vita ed il tempo che, ogni popolo che scompare come identità, porta con sé, senza che noi "stranieri" nemmeno sappiamo di aver perso, come umanità.
La maggior parte dei popoli indigeni, come dicevamo, sono ormai inseriti - con tutti gli svantaggi e qualche comodità - nel modo di vivere occidentale, ma nella zona amazzonica della Colombia ancora vivono 14 o 15 gruppi "incontaminati", gente che per cinque secoli è fuggita ed è riuscita ad evitare contatti con un mondo che - anche involontariamente - potrebbe solo distruggerli. Qui di seguito ho inserito il LINK per un breve video : "Quello che i popoli dell'Amazzonia conoscono e che noi non sappiamo", dove non si parla di lingue ma del patrimonio, formato dalle conoscenze e dal modo di vivere la vita ed il tempo che, ogni popolo che scompare come identità, porta con sé, senza che noi "stranieri" nemmeno sappiamo di aver perso, come umanità.
Per capire come, in una parte così piccola dell’America
Meridionale, si siano sviluppate più di cento lingue differenti, partiamo dalla
considerazione che il linguaggio è solo uno strumento simbolico, creato e usato
dall’uomo in base all’ambiente in cui vive, per comunicare. Quindi essendo solo uno strumento non può avere una
mutazione autonoma, non può avere una vita propria, non può nascere né morire
da solo.
La sua evoluzione ed il suo utilizzo deriva sempre dalle necessità di chi usa un certo linguaggio e dai suoi “comportamenti personali”.

Cambiando le abitudini ed i comportamenti del popolo che usa/parla una certa lingua, si inventano nuovi modi per fare le cose, quindi la lingua per poter esprimere dei nuovi concetti – che prima non esistevano - deve assorbire nuove informazioni e creare nuovi termini che si dovranno integrare nella "tradizione linguistica" già esistente.
In questo modo la comunicazione si arricchirà di
vocaboli e modi di dire - nuovi o modificati - e questi neologismi per
convenzione saranno accettati da tutti. Lo stesso processo, in senso contrario,
avviene per parole o modi di dire se, ciò che esprimono, non è più attuale –
non serve più – quindi diventano prima termini desueti e col tempo
vengono dimenticati.
Questa breve considerazione, a carattere generale, trova conferma proprio
in regioni con tanti micro-sistemi sociali che in tanti secoli hanno subito
continui assestamenti tanto da dar vita ad oltre cento lingue indigene, di cui
almeno sessantacinque sono oggi ancora parlate, benché si stimi che
trentacinque siano ormai a rischio di estinzione.
Semplificando al massimo, possiamo dire che - come
abbiamo già scritto - piccoli gruppi etnici vivevano in villaggi
composti da una o più famiglie che seguivano le loro tradizioni, tramandandole
di generazione in generazione, finché una guerra o un matrimonio tra giovani
appartenenti a tribù differenti dava luogo a nuovi aggiustamenti, connessioni
culturali e a inevitabili cambiamenti sociali, comportamentali e linguistici.
Le Tradizioni cambiano
Le Tradizioni cambiano
A volte questi cambiamenti provocavano la nascita di un
nuovo gruppo (dominante?) che adeguando e cambiando le regole delle tribù, dava
un impulso che poteva anche trasformare certe tradizioni che – con il nuovo
corso - dovevano trasmettere qualcosa di lievemente diverso, rispetto a
quanto si era tramandato fino a quel momento. In questi casi erano presenti tutti
gli elementi perché avesse origine una nuova lingua di sintesi tra quelle
precedenti.
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Carnevale di Barranquilla |
Questo perché le regole e le tradizioni che queste lingue
esprimevano, tenendole in vita e facendole evolvere diventano più deboli
o si dimenticano, nessuno le rispetta più : in pratica non servono più, perché
non più funzionali.
Ho letto - ma non ho elementi per poterlo documentare
personalmente - che comparando tra loro parecchie lingue parlate nell’odierna
Colombia (vedi le lingue della famiglia Bora dell’Amazzonia o quelle
della famiglia Arawak della costa caraibica) spesso queste sono
intellegibili tra loro. Sono lingue che hanno mantenuto la loro base originale
pur modificandosi e fondendosi, ogni volta in un modo differente, con lingue di
altre tribù o altre famiglie linguistiche di cui hanno assunto progressivamente
parte delle caratteristiche, avvicinandosi così per intelligibilità ad un altro
gruppo linguistico e allontanandosi, e contemporaneamente perdendo parte
dell’intelligibilità, dalle lingue originarie.
Questa moltitudine di lingue si sviluppò in uno spazio
geografico, relativamente piccolo, perché il concetto di distanza è variabile
di zona in zona e può essere determinato dalle difficoltà di spostamento da un
luogo all’altro per ostacoli naturali , climatici o per altri impedimenti
– come camminamenti a piedi, o passi di montagna per andare da un posto
all’altro, portando sulle spalle un carico, spesso tra villaggi fuori dalle
strade principali di collegamento.

Le case, le abitudini, il vestiario, il cibo, il carattere di genti che vivevano in ecosistemi tanto differenti non potevano non essere profondamente differenti, creando quindi un ulteriore elemento di distanza, di chiusura verso l’esterno : La paura dell’ignoto che ha mantenuto in isolamento per secoli tante tribù composte da pochi villaggi in una stessa valle, dallo stesso versante della stessa montagna.
Quando i primi conquistatori spagnoli arrivarono in
America con i loro carri, le loro armature, le loro pistole ed i loro enormi
cavalli ebbero subito una percezione diversa delle distanze rispetto a quella
che avevano sempre avuto gli indigeni che, per millenni, si erano sempre
spostati molto più lentamente, a piedi e solo per distanze molto brevi.
Proprio il potersi spostare velocemente con carri e
cavalli da un luogo all’altro permise agli spagnoli di passare con estrema
rapidità da un popolo all’altro, da una lingua all’altra, da una battaglia ad
un’altra, da un popolo pacifico ad uno feroce, appena cambiava il paesaggio che
attraversavano.
Una Lingua Madre?
Una Lingua Madre?
Che gli spagnoli avessero grosse difficoltà a comunicare
con gli indigeni, per il problema linguistico, risulta già dai primi resoconti
inviati in Spagna, nei quali si usa questa motivazione anche per giustificare
ignoranza, incapacità e ritardi delle truppe oltre che per nascondere i tanti
insuccessi delle imprese e delle conquiste. Già nel XVI e
XVII secolo i primi studiosi - normalmente padri missionari al seguito
delle spedizioni – cominciò lo studio delle lingue dei nativi, per
tentare di dare un ordine alle tante lingue e ricondurle ad una
classificazione per area di diffusione delle lingue più parlate o
per trovare una "lingua madre”.
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Victoria Regis |
Oggi in Colombia, oltre allo spagnolo nelle sue diverse
varianti regionali, almeno 400.000 persone ancora parlano una sessantina di
antiche lingue indigene, distribuite in ben 22 su 32 dipartimenti colombiani.
Poi ci sono anche 3.000 persone, di discendenza africana, che parlano due
lingue creole che, però, nulla hanno in comune con quelle precolombiane.
Come ho già detto precedentemente, il mio interesse per
le lingue precolombiana non è supportato da un adeguato studio sul campo ma,
solo, da modeste ricerche effettuate su testi e siti Internet da cui ho tratto
le informazioni a cui sto cercando di dare una forma di facile accesso, anche
se la materia tratta di lingue, per la maggior parte estinte, e per quanto
riguarda il sud America, eccetto che per pochi argomenti, per più più relativi
a conteggi e inventari, trasmesse solo verbalmente. La scarsa documentazione
disponibile, quindi permette di dare libero sfogo alla fantasia e di trovare
nessi e collegamenti fonetici o linguistici che, in qualsiasi momento, possono
essere messi in dubbio, contestati, contraddetti.
Prendendo come riferimento le classificazioni fatte
da Joseph H. Greenberg e
da Chestmir Loukotka, condivise anche dalla Biblioteca Luis Ángel
Arango - Museos y colecciones del Banco de la República, dal Portal de lenguas de Colombia e da Promotora Española de Lingüística possiamo
dire che ci sia un'unità di fondo in tutte le lingue parlate dagli
indigeni americani tanto da farle ascenderle tutte ad un unico ceppo,
denominato "amerindio".

L'Amerindio è una parola inventata per indicare il linguaggio da cui dovrebbe aver preso origine tutta una serie di gruppi linguistici parlati prima dell'arrivo degli europei e che, nel corso di secoli, si è suddiviso in tanti rami :
1. Macro-Ge
2. Macro-caribe (**)
3. Macro gruppo
Andino-Equatoriale (**)
4. Macro-Tucano (**)
5. Chibcha-Paez (**)
6. Amerindio
Centrale
7. Hoka
8. Penutian
9. Almosan-keresiouan
***
Lingue, popoli indigeni e Colombia
Qui di seguito riportiamo esclusivamente le lingue indigene attualmente parlate in Colombia - quelle indicate con (**) nei Macro-gruppi linguistici elencati sopra - e accanto il numero approssimativo delle persone che le parlano ancora nelle zone in cui vivono.
***
Le lingue di questo gruppo sono parlate essenzialmente
lungo la costa caribica e pacifica e non si devono confondere con quelle
parlate nelle isole caraibiche che invece appartengono al ceppo linguistico arawak.
Lingue
|
Popolaz.
|
Ubicazione
|
|
1 |
40.000 |
Embera : Baudò
/Catio /Chami /Tado
|
|
Costa del Pacifico
colombiano+ Panama e Ecuador
|
|||
2 |
3.000 |
Confine Colombia - Venezuela, Fam. Caribe |
|
3 |
290
|
Dep. Amazonas
|
|
4 |
650
|
Amazonia peruana y colombiana
|
|
5 |
2
|
Dep. Amazonas, simile alla lingua bora
|
|
6 |
500
|
Dep. Amazonas
|
|
7 |
6300
|
Dep. Caquetà - Ecuador
|
|
8
|
16.000 |
Dep. Di Loreto
-- frontiera Brasile/Colombia
|
Gruppo Equadoriale
Fa parte del macro-gruppo Andino-Equadoriale e comprende
la maggioranza delle lingue parlate dal Centro America fino alla Tierra del
Fuego, da circa 15 milioni di persone. Cominciamo con l’elenco delle lingue
equatoriali, che appartengono alle famiglie arawuak, tupì e saliba.
9 |
40.000 |
(Fam. Arawak)
-- Guajira & Venezuela, qui un LINK prezioso per dettagli su questa cultura
|
|
10 |
25.000 |
(Fam Macro Arawak) -- Casanare, Meta, Vichada, Guaviare e Guanía, Venezuela. |
|
11 |
1.000 |
Meta y Guaviare
|
|
12 |
650 |
(Fam. Macro-Arawak) Casanare e Venezuela. |
|
13 |
500
|
||
14 |
700
|
( Fam. Tupì) dep. de
Amazonas, Isla de Ronda
|
|
15 |
800 |
Amazonas : Rio Mirití-Paraná, affl. del río Caquetá. |
|
16 |
4.500 |
(Fam. Arawak) Río Meta, Río Vaupés |
|
17 |
100 |
(Fam. Arawak) Llanos orientales, Casanare, |
|
18 |
800
|
Llanos Orientales & Venezuela |
|
19 |
5.000
|
Dep. de Arauca e
maggioranza in Venezuela
|
Gruppo Andino
La parte andina del macro-gruppo Andino-Equadoriale include la
famiglia quechua del tronco andino-equadoriale che si è diffusa originalmente dalla regione di
Apurímac-Ayacucho, nell’attuale Perú.
Lingue
|
Popolaz.
|
Ubicazione
|
|
20 |
17.000 |
Dep. di Nariño -- Lingua Quechua peruana |
Gruppo Macro-Tucano
La lingua ticuna viene parlata sulle rive occidentali del Rio delle Amazzoni lungo il suo percorso in Colombia, nella zona denominata "trapezio amazzonico"
Lingue
|
Popolaz.
|
Ubicazione
|
|
21 |
Macú- Puinave
|
775
|
Dep. Guainia
|
22 |
100 |
Fam. Makú-Puinave - Dep. Vaupés |
|
23 |
380 |
Fam. Makú-Puinave - Dep. Guaviare y Guainía |
|
24 |
300 |
Fam. Makú-Puinave - Dep. Guaviare |
|
25 |
235 |
Amazonas |
|
26 |
130 |
Amazonas |
|
27 |
2.000 |
Dep. Vaupes |
|
28 |
2. 100 |
Dep. Caquetà |
|
29 |
280 |
Dep. Vaupes |
|
30 |
20 |
Dep. Vaupes |
|
31 |
300 |
Dep. Vaupes |
|
32 |
600 |
Dep. Vaupes |
|
33 |
25 |
Dep. Vaupés ( riserva indigena ) e Amazonas |
|
34 |
100 |
Sud Dep. Vaupés. |
|
35 |
330 |
Dep. Amazonas |
|
36 |
410 |
Dep. Vaupés |
|
37 |
280 |
Dep. Vaupés |
|
38 |
610 |
Vaupes - Confine Colombia/Brasile |
|
39 |
200 |
Rio Puré - Dep. Amazonas ( estinta?) |
|
40 |
2.140 |
Dep. Amazonas - confine Perù-Brasile Colombia |
|
41 |
95 |
Dep. Amazonas |
|
42 |
600 |
Dep. Amazonas -- confine Perù-Brasile Colombia |
|
43 |
700 |
Dep. Amazonas -- confine Perù-Brasile Colombia |
|
44 |
477
|
Dep. Amazonas - confine Perù-Brasile
|
Gruppo Chibcha-Paez
Pur avendo una origine comune, il ceppo linguistico è diviso in due sub-tronchi , la
famiglia Chibcha e la famiglia Paez.
Fam. Chibcha
|
Popolaz.
|
Ubicazione
|
|
45 |
14.000 |
Penis. Guajira - Santa Marta
|
|
46 |
10.000 |
Sierra Nevada de S. Marta |
|
47 |
1.850 |
Dep. del Cesar, Municipio de Valledupar, La Guajira |
|
48 |
1.170 |
Dep. Antioquia - Darien - Choco |
|
49 |
7.000 |
Dep. Boyaca - Norte de Santander - Arauca - Casanare |
|
50 |
900 |
Dep. de Magdalena e di Fundación. |
|
51 |
3.500 |
Norte de Santander -lungo i fiumi Oro e Catatumbo. |
|
52 |
5.000 |
Dep. colombiano de Guainía/Amazonas |
|
Fam. Paez- Naza
|
Popolaz.
|
Ubicazione
|
|
53 |
40.000 |
Dep. Cauca, Huila |
|
54 |
21.000 |
Dep. Cauca, - sottolingua del Barbacoa |
|
55 |
13.000 |
Dep. Nariño - sottolingua del Barbacoa |
|
56 |
n.q. |
Dep. Cauca |
Lingue Isolate
In Colombia si parlano anche alcune lingue che non sono state inserite in nessuno dei macro-gruppi e quindi fanno ceppo a sé stante.
Fam.Linguistiche
|
Popolaz.
|
Ubicazione
|
|
1 |
500 |
Amazonas (corso del río Caquetá) |
|
2 |
4.000 |
Valle di Sibundoy, nel Dipartimento di Putumayo |
|
3 |
1300 |
Putumayo - confine Colombia/ Ecuador |
|
4 |
5.200 |
Amazonas confine Perù-Brasile Colombia |
|
5 |
2 (!!) |
Dep. Meta |
Ecco un link che riporta alcuni brani in varie lingue indigene tradotti in spagnolo.
Spero che non sia
sfuggita nessuna lingua da questo freddo riepilogo estratto dagli elenchi dei tanti gruppi linguistici che hanno da sempre parlato le genti della terra che
oggi si chiama Colombia.
Ho usato l'aggettivo "freddo" per definire questo elenco di nomi e credo di aver espresso con poca efficacia il sentimento - forse meglio dire la rabbia - provato nel riempire queste caselle.
Infatti quando si porta a buon fine un lavoro, particolarmente uno di quelli che richiedono tempo, applicazione e molto interesse, in genere si raggiunge un risultato di cui si è piuttosto soddisfatti. In questo caso, purtroppo, man mano che andavo avanti e controllavo i dati che avevo raccolto, mi prendeva una specie di sconforto, ogni volta che trovavo che un popolo o una lingua, dal nome intrigante, se non musicale, per il solo suono della parola stessa, ormai era scomparso o, nei casi migliori, a forte rischio di estinzione.
Considerazioni finali
Ho usato l'aggettivo "freddo" per definire questo elenco di nomi e credo di aver espresso con poca efficacia il sentimento - forse meglio dire la rabbia - provato nel riempire queste caselle.
Infatti quando si porta a buon fine un lavoro, particolarmente uno di quelli che richiedono tempo, applicazione e molto interesse, in genere si raggiunge un risultato di cui si è piuttosto soddisfatti. In questo caso, purtroppo, man mano che andavo avanti e controllavo i dati che avevo raccolto, mi prendeva una specie di sconforto, ogni volta che trovavo che un popolo o una lingua, dal nome intrigante, se non musicale, per il solo suono della parola stessa, ormai era scomparso o, nei casi migliori, a forte rischio di estinzione.
Così molte delle caselle sono rimaste vuote e idiomi come Carìjona, Muysca, Betoye, Carare, Tariana, Macaguaje , Sinù presto resteranno solo ricordo e testimonianza
di una storia ormai finita.
Tanti di quei nomi, di quei suoni esotici, che ci fecero sognare
un mondo più irreale che remoto, che ci fecero conoscere civiltà e colori che evocavano
un passato che è ancora vivo nell'uomo di oggi, nelle storie che si raccontano
ai bambini per lasciar volar la fantasia in una realtà di fortunati abitanti
della parte giusta del mondo.
Ma nemmeno i ricordi e le fantasie di un mondo
immaginario possono nasconderci il quadro veramente drammatico che esprimono
queste poche tavole. Restiamo nell'ambito colombiano e continuiamo a ragionare
"in piccolo", per il momento, e dimentichiamo che i cambiamenti che sta
vivendo l’uomo - e che ha già vissuto - in Colombia, sia solo un tassello di
quanto sta succedendo in ogni angolo del
pianeta.
Ogni volta che una lingua muore - sia perché non ci sia
più chi la conosca, sia per una scelta di convenienza - con le sue parole
e le sue forme si perde anche una variante per esprimere un pensiero o un
sentimento, si perde la possibilità di rendere nella sua completezza, l'essenza
del modo di essere e di pensare del popolo che le ha generate.
Da parecchi anni mi dedico alla traduzione di testi
scritti in lingue occidentali che, benché differenti l'una dall'altra, hanno
tutte una base comune cioè una costruzione della frase - e quindi del pensiero
- molto simile tra loro, quindi spesso è facile riuscire ad esprimere
esattamente in un'altra lingua - sia nella forma che nella sostanza - il
testo originale, come è stato pensato.
Ma anche qui in ogni lingua troviamo delle espressioni idiomatiche,
molto calzanti in certe circostanze, che non hanno un esatto corrispettivo per
indicare certe azioni o certi sentimenti che, una volta espressi in una lingua
differente, presentano sfumature in più o in meno rispetto al pensiero
originario dell'autore. Senza entrare in discorsi lunghi e noiosi pensiamo solo
alla complessità e alla bellezza del significato intraducibile della parola
"saudade".

Il fatto è che più ci abituiamo a semplificare il modo di
esprimere i nostri pensieri e più perderemo la capacità, l'abilità di spiegare completamente
il nostro pensiero agli altri. E con il tempo la nostra pigrizia ci porterà a “pensare
in modo più funzionale per adeguarci alle modalità di espressione disponibili”.
La "vita facile" quella che ci raccontano tutti
i giorni i media mainstream, ci sta portando ad un livellamento verso il basso
sia dal punto di vista sociale che culturale e per sentirsi integrati in un
sistema ineludibile dobbiamo usare computer e Internet e per farlo dobbiamo
adeguarci ad un unico linguaggio. Non farlo significa essere una persona che si
sta volontariamente escludendo dalla comunità, una persona obsoleta, un nuovo
analfabeta. La strada quindi sembra ben tracciata e le generazioni future
si avvieranno tutte verso un modo di esprimersi sempre più simile, sempre più
funzionale al sistema informatico, più consono, più veloce e più pratico in
modo da scambiare dati e informazioni con quanta più gente sia possibile.
Il
progresso?
Come può chiunque pensare di ostacolare un progresso che,
particolarmente negli ultimi 100 anni ha permesso all'uomo di morire molto meno
e di prolungare smisuratamente la durata media della vita? Quindi nessuna
critica.
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Frutta di Colombia : 1. Carambola - 2. Mamoncillo - 3. Uchuva - 4. Curuba - 5. Granadilla - 6. Lulo - 7. Mangostino |
Qualche osservazione però credo che sia quantomeno doverosa,
almeno per rispetto di tutte quelle minoranze che, per effetto di una
prevaricante globalizzazione, stanno perdendo le proprie caratteristiche, il
proprio passato, per assumerne delle altre, quelle con cui potranno a pieno
titolo, entrare nel mondo della "vita facile", anche se forse questa
nuova vita sarà meno colorata.
E, proprio del colore, vorrei parlare. Vorrei
parlare del colore che non si può raccontare con i mezzi che mettono a
disposizione le mega-lingue universali, che permettono però di comunicare – in modo
poco sofisticato - con una quantità smisurata di persone anche se con un
qualche disagio per il momento, visto che provengono ancora da realtà e da
culture estremamente differenti tra di loro. Non sarà più così tra poche
generazioni.
Vorrei parlare di un colore invece che ha sempre contraddistinto dialetti e lingue per la vivacità del loro modo di esprimersi, per la capacità di rendere immediatamente l'immagine di certe azioni peculiari al modo di vivere e che sanno - o hanno saputo - esprimere dei concetti che svelano, in modo diretto, il pensiero e la spiritualità del popolo stesso.
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Tutte le sfumature dei colori dell'Alba |
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Stessa Alba e colori senza sfumature |
Ma non solo di colore dobbiamo parlare, perché qualsiasi parlata che sia giunta al livello di essere considerata lingua ha alle sue spalle un lungo passato di esperienze accumulate in generazioni e generazioni di persone che, poco a poco, hanno lasciato in questa lingua qualcosa di sé.
***
Una breve animazione tratta dal poema “Cuando Muere una Lengua”
di Miguel León Portilla.
di Miguel León Portilla.
La narrazione è in lingua: Náhuatl, una lingua Uto-aztecas parlata dai Nahuas della regione Huasteca, nel Nord-Est dello stado di Hidalgo (México).
***
Ogni lingua si è evoluta come emanazione di una essenza - più o meno conosciuta - dello stesso popolo, è riuscita a trasmettere il modo di vivere, il rapporto sociale, la relazione con la natura, con lo spirito e con il tempo. Una lingua particolarmente ricca e ampollosa nel modo di costruire frasi è il riflesso di un popolo che può avere una relazione con il tempo molto differente da quella che può aver avuto un popolo che si esprime con una lingua dura, sintetica, diretta.
Ma proprio questa diversità è quella che abbiamo già in buona parte perduto con le tante lingue che ormai troviamo indicati come "estinte". Senza voler rimpiangere il passato, come dicevamo prima, vorrei soffermarmi sul fatto che, giorno dopo giorno, stiamo perdendo le frange delle nostre culture, stiamo perdendo delle forme che hanno reso le espressioni dell'uomo di ogni tempo riconoscibili, tipiche per il modo di scoprire e raccontare certi particolari, certi "colori" che ogni uomo vede con sfumature differenti.
Provo a spiegare meglio quello che intendo: succede a
volte che parlando in una lingua differente dalla nostra ci si senta più
loquaci, più predisposti ad esprimere certi concetti che, nella nostra lingua
madre, non avremmo espresso, non per incapacità di trovare le parole giuste ma
semplicemente perché la nostra cultura di origine ed il nostro modo di
esprimerla seguono un tracciato mentale differente che ci permette di
relazionarci ed essere perfettamente compatibili con le altre persone della
nostra stessa origine culturale linguistica.
Potremmo però facilmente rovesciare il ragionamento e notare
che parlando in una lingua differente dalla nostra "lingua madre", ci
sia capitato spesso di esprimere il nostro pensiero con parole che trasmettono un'idea
molto simile a quella originale ma che - per scarsa conoscenza linguistica o
per pigrizia – trascurano certi particolari perché le parole che usiamo e le
costruzioni sintattiche possono non essere sufficienti a trasmettere in pieno
un pensiero nato e sviluppatosi in un ambito sociale e ambientale differente da
quello in cui vivono i nostri interlocutori.
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Le Palma de Cera domina una valle nebbiosa |
Diventa una lingua morta, se non morta per estinzione di
chi la parla, morta di stenti perché utilizzata solo per quel tanto che basta a
sopravvivere, mentre tutta la sua potenza e la sua ricchezza di vocaboli e di
espressioni chi si sono formate con l'esperienza, con lo spirito, con le gioie
e con le sofferenze di tante generazioni, sfioriscono e tutta la loro bellezza nascosta,
diventa solo una ricchezza inutile, un tesoro accumulato lentamente che si perde in un mare infinito.
*****
Quando .....
Nessuno contava le stelle
Finora ho parlato di una quantità di argomenti legati all'uomo, al suo spirito e alla sua cultura in un modo estremamente razionale, anzi molto pochi sono stati i momenti concessi alle emozioni o alle simpatie, ho appena accennato agli stermini, alle esecuzioni dirette o indirette avvenute nei confronti delle popolazioni indigene, dopo che avevano conosciuto l’uomo bianco che, inizialmente, era stato accolto come “Messia” come il Dio venuto dal mare, che molte tradizioni avevano profetizzato.
Ho usato un termine "esecuzioni" che credo sia appropriato per indicare non solo la crudeltà di chi fisicamente ha eliminato o ridotto in stato di servitù milioni di esseri incapaci di comprendere la "vera fede” ma principalmente per la feroce malafede di chi, per procurarsi un qualsiasi arricchimento, da secoli agisce per minare gli elementi naturali che con la loro armonia hanno alimentato, per millenni, gli uomini e le civiltà nate e cresciute su queste terre.
Elementi naturali che assunsero sembianze dei loro Dei, proprio per rafforzare il legame inscindibile che esiste tra gli esseri viventi ed il pianeta che li ospita.
Non serve usare neologismi come "ecologia o ecosistemi" per dare un nome a certi modi di vivere ma comunque certi termini possono aiutare a comprendere quanto profondamente fosse differente il modo di pensare di questi uomini e quanto fosse, per loro, impossibile dare un valore - in oro, in argento, in lavoro o in denaro – a certi beni naturali che non possono avere un valore, per il solo fatto che devono essere considerati "tabù", inviolabili, indivisibili perché essenziali alla sopravvivenza di tutti e quindi non commerciabili. La "vera fede" – non necessariamente quella religiosa, ma quella difesa ciecamente da tutti gli estremisti – è sempre stata motivo di incomunicabilità e di rigidità su posizioni troppo inamovibili, tanto da dividere e rendere inconciliabilmente nemici gli uomini.
Le stelle e la sabbia
La traduzione in spagnolo di un antico detto degli indios Chachi che parlavano un lingua Barbacoa, un gruppo etnico che vive nella parte sud est della Colombia, racconta come gli anziani e i saggi del villaggio insegnassero ai giovani che non devono contare le stelle:
“Si cuentas las estrellas entonces tu espirito será obligado a contar arena.”
Mi sembra una frase che esprime molto bene le regole delle culture di popolazioni che hanno sempre dato alla vita un valore molto legato alla terra, molto legato a concetti comprensibili e concreti e ad azioni realizzabili, mettendo in relazione la vita terrena con il mondo dello spirito:
"Nemmeno nelle notti più luminose dovrai dar prova di saper contare quante sono le stelle in cielo, perché se lo farai, anche il tuo spirito, nell’aldilà, dovrà dare un’altra prova e dovrà dimostrare di saper contare quanti sono tutti i granelli di sabbia". Ma non sarà mai possibile contare tutti i granelli di sabbia, come non è possibile contare le stelle. Per questo, lo spirito di chi avrà contato le stelle nelle notti più luminose, dovrà vagare tormentato e senza pace, in eterno.
"Nemmeno nelle notti più luminose dovrai dar prova di saper contare quante sono le stelle in cielo, perché se lo farai, anche il tuo spirito, nell’aldilà, dovrà dare un’altra prova e dovrà dimostrare di saper contare quanti sono tutti i granelli di sabbia". Ma non sarà mai possibile contare tutti i granelli di sabbia, come non è possibile contare le stelle. Per questo, lo spirito di chi avrà contato le stelle nelle notti più luminose, dovrà vagare tormentato e senza pace, in eterno.
Non so se stiamo ancora parlando di numeri, forse in questo antico detto, le scienze, i numeri e la forza della mente si uniscono in un consiglio, in un invito fatto ai giovani di prendere coscienza dei propri limiti, delle capacità dell’uomo e della possibilità di saper rifiutare quelle sfide che, evidentemente, non potranno portare altro che angosce, inevitabili delusioni e insuccessi e tutte le frustrazioni che qualsiasi confitta porta con sé.
***
Ma torniamo ai numeri e vediamo come funzionavano, in che modo e con quali sistemi gli indigeni del Sud-America esprimevano il concetto di quantità.
Proviamo ad immedesimarci nel loro pensiero e cercare di comprendere come facevano a misurare degli insiemi di uomini o di cose e ad determinare il maggiori e il minore, oppure a stabilire quale tribù fosse la più potente, insomma a contare.
Proviamo ad immedesimarci nel loro pensiero e cercare di comprendere come facevano a misurare degli insiemi di uomini o di cose e ad determinare il maggiori e il minore, oppure a stabilire quale tribù fosse la più potente, insomma a contare.
Le lingue "indigene" hanno dato luogo a una gran diversità nei modi di esprimersi e nella evoluzione di tante culture e, in misura minore, troviamo le stesse diversità anche nei sistemi numerici usati dai popoli vissuti in Sudamerica prima della contaminazione - e della sottomissione - con una cultura basata su valori ed esperienze sociali completamente estranei.
Parliamo di altre epoche e di gente che viveva in piccole forme tribali molto semplici e senza un particolare interesse verso i grandi numeri, per il modo in cui viveva la sua propria vita quotidiana e per le necessità dello spirito che basava il pensiero su concetti terreni o naturali e sull' osservazione del sole e della luna.
Uno sguardo generale fa intendere l'esistenza di lingue che utilizzavano sistemi aritmetici a base 2 - a base 5 - a base 10 - a base 20, e questo potrebbe dimostrare le diverse tappe di sviluppo di ogni cultura e dei contatti avvenuti tra etnie della regione.
In fondo in qualsiasi parte del mondo i bambini hanno sempre usato le dita per contare, quelle delle mani e se le cose da contare erano maggiori delle dita di una o due mani, usavano anche quelle dei piedi.
Poi sorgeva il problema di mettersi d’accordo su come calcolare quantità più grandi, più di 20.
Facendo riferimento ad uno studio (dell'Università del Texas) effettuato sulla comunità chachi, che vive nella parte nord dell'Ecuador, al confine con la Colombia, vediamo il modo di esprimere i numeri da parte di quei popoli che parlano lingue del gruppo “ Barbacoa”, una famiglia linguistica che diede origine a diversi idiomi : sureño, cha’palaa , tsafiki, awa pit e guambiano. Le tabelle che seguono sono solo una minima parte della ricerca, quindi per saperne di più consiglio di consultare direttamente il sito http://lingweb.eva.mpg.de/numeral
Numeri base barbacoa
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CHA’PALAA
|
TSAFIKI
|
AWA PIT
|
GUAMBIANO
|
1
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main
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man
|
maza
|
(
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2
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pallu
|
palu
|
pas
|
pa
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3
|
pema
|
peman
|
kutña
|
pɨn
|
4
|
taapallu
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junpalu
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ampara
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pip
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Da questa semplice tavola possiamo vedere che nelle varie lingue dello stesso gruppo la radice dei termini che indicano 1 (ma) e 2 (pa) sono comuni, anche se nella lingua guambiana c’è stata una contrazione. Quindi le uniche parole-numeriche che effettivamente possono dimostrare una origine comune sono i termini “ 1 – 2”, dopo di che il sistema numerico barbacoa ha cominciato a diversificarsi nelle varie lingue.
Abbiamo provato a seguire i ragionamenti di chi ha cercato di determinare l'etimo dei numeri ed il loro uso nelle varie lingue, ma mi è sembrato di entrare in campi troppo complessi per essere interessanti a questo livello di studio e quindi credo che sia sufficiente cercare di soffermarci sui metodi di evoluzione mentale seguito dai sistemi di numerazione in questa parte di mondo, evitando di parlare di etimologia o di influenze linguistiche.
Ricominciamo quindi dai più elementari sistemi di numerazione : quelli a base uno e due, un sistema che è il presupposto di qualsiasi società e del concetto “NOI”, che unifica in una sola parola due persone. A queste due persone si potevano aggiungere altri individui ( le prime addizioni quindi potrebbero essere state : 2 + 1+1+ …), e ogni gruppo etnico sviluppò un modo proprio per conteggiare queste altre persone, o altre cose.
Nello schema riportato qui sotto troviamo che, nello stesso gruppo linguistico, i numeri 3 e 4 vengono indicati con termini differenti, quindi presumibilmente si è cominciato ad usarli in tempi storici successivi, dopo che la lingua madre si era già suddivisa.
Allargando un po' gli orizzonti vediamo che in varie zone, non solo al Nord delle Ande, vennero a crearsi dei sistemi numerici a livello più alto usando come base 10, indicando questo numero con dei termini la cui etimologia non è chiara, tanto che è differente in ognuna delle lingue maggiori ( es. quechua, mochica, paez, kamsá).
Ma la maggioranza delle lingue indigene intorno alla zona equatoriale, da entrambi i lati delle Ande, sia verso l'Amazzonia che verso il Pacifico, usava un sistema numerico con base 5 e per indicare cinque utilizzavano la parola che significava, ovviamente, “mano”.
Sembra che alcune lingue non ebbero mai dei termini che servivano a indicare numeri superiori al 5, forse nemmeno serviva per esprimere concetti legati più alla sopravvivenza e alla lotta per la vita contro gli elementi della natura che non a ragionamenti di altro genere.
Continuando le nostre considerazioni, restando nella casistica rilevata in questa zona, intorno ai confini dell'attuale Ecuador, possiamo vedere che le lingue barbacoa usarono questa strategia per estendere il loro sistema numerico fino al 10 :
Al numero 5 ( una mano) aggiungevano la parola che indicava i numeri minori (es : 1=ma // 2=pallu //3 =pem //4=taapallu). Praticamente utilizzando lo stesso principio che troviamo nelle principali lingue europee ( es. in italiano: Un-dici è la contrazione di Uno + Dieci … ecc.).
Qui sotto riportiamo uno schema comparato tra lingue dello stesso gruppo che conferma come, in alcune lingua, la numerazione, combinando il termine “mano” con i numeri minori, sia arrivata alla base 10 e 20 e poi, progressivamente, a numeri maggiori.
CHA’PALAA
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TSAFIKI
|
AWA PIT
|
GUAMBIANO
| |
5
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manda [1-mano]
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mante [1-mano]
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Numero massimo utilizzato
4
|
Numero massimo utilizzato
5
|
6
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manchismallu [5-1]
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sota [quichua]
| ||
7
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manchispallu [5-2]
|
Spagn.
| ||
8
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manchispema [5-3]
|
Spagn.
| ||
9
|
manchistaapallu [5-4]
|
Spagn.
| ||
10
|
paitya [2-mani]
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chunka[ 2 quichua]
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11
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Paitya main [10-1]
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Chunka man
| ||
12
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Paitya pallu [10-2]
|
Chunka palu
| ||
13
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Paitya pema[10-3]
| |||
Paitya [10-….]
| ||||
20
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Mancha lura [ 1 persona]
|
Palu chunka[ 2 chunka]
| ||
Nota
| ||||
30
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Pen chunka
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Dal quechua : pen=3 x chunka=10
| ||
40
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Taapaichunka
|
Dal quechua : pen=4 x chunka=10
| ||
40/90
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……..chunka
|
Dal quechua : ….. x chunka=10
| ||
100
|
Mambatsa’
|
Dal quechua : Patsak =100
| ||
200
|
Paipatsa’
|
Dal quechua : pai Patsak = 2 x 100
| ||
300
|
Pembatsa’
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Dal quechua : pen Patsak = 3 x 100
| ||
1000
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Mii
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Dallo spagnolo
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Riepilogando :
Inizialmente si sviluppò un sistema numerico con base 5, utilizzando come simbolo la parola “mano” e alcune lingue si fermarono a questo concetto numerico.
La definizione del numero 10 è determinata dalla somma di due mani, che - lasciando volare la fantasia - fanno presumere una evoluzione mentale del tutto identica a quella delle culture europee (vedi l'esempio di Un-Dici, italiano, a cui ci siamo appena riferiti).
Purtroppo stiamo parlando di lingue che non hanno lasciato documentazione scritta diretta e i cui unici riferimenti storici sono costituiti da pochi reperti e pochi altri elementi che indicano le quantità di beni negli inventari, come cordicelle di differente lunghezza, nodi, ravvicinati o a distanze maggiori ecc.: i khipu, di cui parleremo in seguito.
Quindi possiamo anche immaginare che siano state concepite anche altre teorie e forme di pensiero di cui erano depositari i saggi del villaggio, gli anziani, gli stregoni, le persone di un livello culturale più elevato. Persone che avrebbero dovuto tramandare ai loro discendenti tutto il proprio sapere, come eredità del popolo ma che, per un improvviso strappo culturale - dovuto a cause naturali, come carestie, epidemie e terremoti o all’assoggettamento a popoli stranieri più evoluti o all'invasione degli europei - sono andati perduti.
Possibile? Forse
In certe lingue vengono assunti dei numeri origini di una altra lingua, in genere queste interferenze linguistiche sono l'effetto di ingerenze politiche o, per meglio dire, di conquiste da parte di popoli più potenti e spesso culturalmente più avanzati e portatori di conoscenze più sviluppate o, forse, solo più potenti per forza politica o militare. Così vediamo che alcuni concetti numerici che si riferiscono a valori superiori al cinque, al 10, al 20 sono attualmente espressi con parole che esprimono i numeri portati dagli spagnoli.
Niente di nuovo rispetto a quanto poteva essere successo in passato con invasioni della stessa violenza fisica e culturale, arrivati da lontano. Anche se il concetto di lontano diventa sempre più volatile e relativo al tempo a cui si riferisce.
Chissà se lingue scomparse, ma parlate da tribù più evolute di quelle di cui abbiamo traccia, avessero sviluppato dei sistemi con uno sviluppo differente dal sistema con base 5 e che percorso numerico avrebbe potuto seguire il loro pensiero.
Per esempio la lingua “cha’palaa” nel suo sistema numerico esprime il numero 10 con la forma linguistica“paitya =DUE-MANI” ed esprime il numero 20 con la forma linguistica “Mancha lura= UNA PERSONA”. Con questa strategia si arriva facilmente a definire
- 30 (= UNA Persona + DUE Mani)
- 40 (= DUE persone)
- 30 (= UNA Persona + DUE Mani)
- 40 (= DUE persone)
In questo modo si è passati facilmente dal sistema numerico con base 5 e a quelli con base 20 e con base 10. Mischiando così elaborazioni mentali indigene barbacoa con quelle dei quechua e quelle degli spagnoli - che già si avvalevano di parole che indicavano quantità maggiori come cento, mille ecc. - il sistema numerico diventa più elaborato, più capace a servire come strumento degli scambi commerciali.
Più funzionale e sofisticato , ma meno legato al passato.
Molto affascinante pensare a modi di pensare che partono dal semplice contare le dita di una mano, di due mani, dei piedi e di tutte le dita di una persona. Ma a parte i termini “esotici” per noi moderni occidentali computerizzati, possiamo trovare reminiscenze della numerazione con base 20, anche nelle lingue occidentali e senza fare ricerche specifiche: pensiamo solo al termine arcaico francese che ancora oggi, egregiamente, esprime il numero 80 : quatre-vingt .
Provando a riassumere il percorso dei sistemi numerici, vediamo una assoluta consequenzialità di percorso nel seguire l’evoluzione della società e la sua integrazione con altre società ed alle necessità commerciali che richiedono una quantificazione delle merci e dei sistemi di confronti comparati per stabilirne il valore. Crescendo la dimensione del nucleo umano aumenta la necessità di usare numerazioni più capienti e più simili con le altre, con quelle usate da altre popolazioni con cui si è entrati in relazione.
Ma come in qualsiasi contesto, non esiste nessuna attività umana che si muova senza dover coinvolgere tutto il complesso della stessa società, infatti i prestiti linguistici del sistema numerico che si possono osservare tra le varie lingue che entrano in contatto hanno sempre portato variazioni significative anche nel campo culturale e pratico. Sono un primo passo verso qualcosa di ibrido, di differente, di inclusivo.
Un esempio della contaminazione che si può trasmettere tra le lingue lo abbiamo visto nella proibizione di contare le stelle quando popoli di culture diverse, che parlano lingue e dialetti di origine differenti (quechua e cha’palaa), hanno trasmesso ai loro giovani lo stesso tabù.
Una storiella lontana nel tempo ma che esemplifica come il sistema numerico sia una piccola parte della conoscenza umana, ma pur sempre una rotella essenziale nell’ ingranaggio della storia, del cammino della vita e della evoluzione delle culture e delle lingue che hanno sempre avvicinato i popoli di ieri e di oggi, nel bene e nel male.
Riferimenti :
Historia del Arte Colombiano - Vol.1-5 - Salvat Editores - Barcelona - 1983Colombia El Medio y la Historia - Vol. 1-2 - Biblioteca IberoAmericana - 1988
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