Ogni
cinquant'anni il mondo improvvisamente impazzisce e c'è bisogno di
una guerra clamorosa, violenta, sconvolgente, di quelle che
coinvolgono qualsiasi essere umano sia raggiungibile, per tornare poi
a rinsavire a ricominciare a lasciare un po' di spazio alle persone
“normali”.
Quelle che pensano come poter mangiare tutti i giorni
senza rischiare di essere ammazzate, quelle che vedono nei loro figli
la speranza per un domani che sarà. Quelle che credono nella
giustizia e che vorrebbero che le leggi fossero solo un mezzo per
stabilire la giustizia … e il rispetto, non delle regole, ma del
prossimo, dell'Uomo stesso, della sua dignità.
Quelle
che vorrebbero il rispetto del significato delle parole che vengono
pronunciate, non per trascinare la gente verso una fazione, verso una
idea di parte, verso un interesse personale, ma semplicemente per
esprimere un concetto, un pensiero oggettivo e lasciare, a chi deve
intendere, la “Libertà” di esprimersi.
In
questi ultimi settant'anni, chi è uscito vincitore dall'ultima
catastrofe mondiale è stato tanto forte e capace da far sfogare gli
istinti brutali di sopraffazione - e gli interessi economici - dell'essere umano in tante enormi
tragedie che hanno annientato popoli e dato il via a esodi di massa,
che li hanno mischiati e che hanno cambiato la forma del mondo, la
cultura degli uomini e la loro lingua.
Ma hanno lasciato che tutto fosse visto dall'occidente come un film, come se la
verità di gente che muore e si vede morire, dentro e fuori, fosse
solo uno spettacolo messo in scena per ispirare i nostri alti sentimenti,
il nostro sdegno, la nostra partecipazione.
Come
un funerale, dove la nostra presenza è d'obbligo, ma ormai
assolutamente inutile.
Il
coinvolgimento di tutti ci deve essere ma solo emotivo e non deve
essere violento, perché potrebbe creare reazioni non desiderate e
una ribellione non prevista, se non orientata, potrebbe scattare troppo
in anticipo e il morto potrebbe anche non morire.
Oggi
stiamo vivendo il funerale di una Umanità che abbiamo conosciuto
come “benigna” verso gli esseri umani, di una civiltà che - almeno crediamo - ha
seguito una strada in salita ma che ha sempre premiato gli sforzi di
chi avrebbe voluto proiettare nei figli le proprie speranze non
realizzate per lasciar loro tutto il necessario, oltre agli
insegnamenti e all'esperienza di vite che pur se non vissute
serenamente e felici, dovevano essere dei tasselli di qualcosa molto più grande e senza confini.
Oggi
anche chi non crede in Dio e negli Dei, vede che il diavolo esiste.
Esiste dentro le coscienze dell'uomo e si materializza con i falsi
idoli. L'idolo del Denaro, l'idolo del Progresso, l'idolo della
Libertà e della Democrazia.
Il falso rispetto di certi concetti
assoluti che oltre al significato proprio della parola che li
rappresenta, non hanno niente. Dietro le belle parole nobili c'è il vuoto o peggio il loro
contrario.
In
fondo “uomo” merita di essere scritto con lettere minuscole, per
la propria povertà e la propria dabbenaggine, per la svogliatezza
con cui affronta la vita e si lascia manipolare. Per la debolezza con
cui si lascia guidare da una forza trainante, da un capo, da un duce,
da un dio, ma anche da una intelligenza che riconosce superiore e che
non accetta di essere contraddetta.
Quest'uomo che accetta che una
macchina possa sostituirsi a lui, per semplificare i suoi processi manuali e mentali, una macchina che ogni giorno prende più spazio e lo rende meno intelligente, meno capace comprendere e di controllare quale strada sta percorrendo.
L'Uomo
deve avere paura - non dei politicanti, che governano o che
governeranno, asserviti a certe idee-sbagliate sulla politica e
sull'economia, o di certe macchine che “tolgono il lavoro” - ma deve avere Paura di se stesso e dei Tabù che limitano la sua mente e non gli
consentono di essere libero di pensare, che non gli permettono di
capire quale sia il suo ruolo nella storia e quanto, della sua povertà
e delle sue miserie, resterà dopo di lui.
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