in
mezz’a tanta pora gente,
che
nun se vede e nun se sente,
Quarcuno
se gira, guarda, core,
e poi tira
avanti come prima.
Nun ce
spreca na lacrima,
nun je
butta manco un fiore.
Piagne
chi porta la croce
Piagne
chi chiama, senza voce,
un nome
sperso e scancellato,
da ‘na
ventata bastarda,
che se
porta via e che se scorda
er nome triste e disgraziato
ner boato
de’n numero scordato.
16 agosto 2018
Ogni
volta che succede un incidente grave, un attentato, una strage o un fatto in
cui i morti sono tanti, immediatamente perdiamo la dimensione umana che viene
sopraffatta da quella sociale. I morti diventano solo un numero e quanti più sono,
maggiore è il dispetto, maggiore è la partecipazione collettiva al lutto che
viene condiviso e sentito da tutta la società. Ci commuoviamo e ci sentiamo
vicini e toccati da un evento che avrebbe potuto coinvolgere chiunque di noi e
siamo tanto indignati per la nostra società colpita che, troppo spesso, nemmeno
ci interessa conoscere il nome di chi ha perso la vita o di chi è stato ferito, ricordiamo l'evento solo per il numero delle vittime.
E’
crollato un ponte a Genova, i morti sono 14, anzi no, sono 21, sono 35 …. e più è alto il numero, più noi ci sentiamo
colpiti direttamente e maggiore diventa la nostra pena e il nostro coinvolgimento. Ma siamo tristi e arrabbiati per quello che è accaduto, perché poteva capitare a chiunque di noi, perché ci sentiamo ingannati e derubati della nostra serenità. Per qualche tempo ricorderemo questo tragico evento che ci ha colpito - come tanti altri - poi ricominceremo a pensare alle piccole cose di tutti i giorni. Ma i nomi di chi è morto o di chi è stato ferito non potremo dimenticarli, non li abbiamo mai conosciuti.
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